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Copywriting: una lunga storia di posizionamenti.

Scrivere tra il pensiero strategico e il pensiero creativo.

Copywriting, non marketing

Prima puntata.

Una volta la marca era un brand che si faceva solo vedere. Oggi la marca è un brand che si fa sentire: è un brand che parla. Se parla con le parole che scrive, allora quella marca anche si racconta. E quando racconta storie che le accadono, allora quella marca si posiziona. Perché una storia inizia allo stato solido: quando è vera ha tutta la consistenza per stare in piedi da sola con l’idea di partenza. Poi passa allo stato liquido quando la narrazione fa scorrere la storia nell’arco del tempo. Alla fine, si trasforma in uno stato gassoso: il montaggio colloca i fatti nello spazio del racconto e crea l’atmosfera. È quello il posizionamento.

Del resto, se una storia ci resta dentro è perché qualcuno è riuscito non solo a scriverla, ma anche a parlarci con la storia che scriveva. È così che è riuscito a posizionarsi dentro di noi. Un paio di cuffie è diventato un Walkman. Un paio di scarpe da ginnastica è diventato un paio di sneaker. Una tazza di caffè è diventata uno spazio di connessioni e relazioni. Una brugola è diventata la chiave italiana per montare un’idea d’arredo straniera. Il copywriting è una lunga storia di posizionamenti. Il primo è quello più importante e per intercettarlo un copywriter deve andare all’origine.

Nessuno oggi sembra avere il tempo di guardare indietro perché si è troppo impegnati ad andare avanti. Eppure, se ritorniamo all’origine di ieri possiamo vedere quello che un brand è diventato oggi. Una marca così è sempre in nuove mani. Nelle mani del suo capostipite. Lui è il primo esemplare di una serie, l’iniziatore di una famiglia, l’origine della specie. Su quella linea di partenza si concentrano opportunità concrete per il resto del percorso. È dall’autore dell’avvio che dipende la capacità di una marca di arrivare fino in fondo.

Se un marchio diventa una marca è perché ha superato l’esame del tempo. Una promozione che vale molto di più di tutte le promozioni messe in piedi dal marketing. Così, la cittadinanza nella società una marca la ottiene solo se ha messo qualcosa alle spalle. Perché si afferma nella società come la prima impronta. Costruire una marca non è una lotta contro il tempo, ma una lotta con il tempo a favore. Un capostipite lo guida. In lui si consolida l’evoluzione di una marca a discapito di quelle che un capostipite non ce l’hanno. Più che un’antenna per diffondersi, una marca ha bisogno di un antenato per identificarsi e di un copywriting per posizionarsi.

Il posizionamento di marca è un luogo non comune. Racconta di qualcosa a qualcuno con qualsiasi mezzo a disposizione e con qualunque idea capace di svilupparsi e realizzarsi per riempire quello spazio. Due sono le coordinate per individuarlo: il che cosa e il come. Che cosa comunicare deve cambiare con frequenza. Il posizionamento di marca ha bisogno di vitalità perché non diventi un luogo comune. Un palinsesto di contenuti aiuta a creare quella varietà necessaria nel varietà della comunicazione che ogni giorno va in scena nella società e nei social.

Come comunicare invece non deve cambiare mai. Il come è il tratto biologico, l’impronta digitale, il documento di riconoscimento. Nel come sono pianificati gli elementi che compongono l’identità di una marca: il colore, la grafica, il design, le parole, l’immagine, il coordinamento. Alla fine, creare un posizionamento significa rendere una marca uguale a sé stessa dappertutto perché sia riconoscibile ovunque, e alimentarla ogni volta con qualcosa di diverso da comunicare per tenere sempre alta la considerazione di tutti. A questo serve il racconto della sua storia: a rendere una marca credibile. Una storia è fatta di tempo e ce ne vuole molto per darle credibilità. Basta poco invece per perderla: il copywriting ti aiuta a mantenerla.

Una volta c’era una linea di confinePer questo, ogni marca dovrebbe averne uno. Puoi avere un progetto in testa, in mano il denaro per finanziarlo, in azienda la tecnologia e gli spazi per realizzarlo. Tutte cose che stanno dentro o attorno alla tua marca, ma se non hai un copywriter al tuo fianco che le traduca in parole lungo un filo del discorso non hai la connessione con la società che ti serve. Se qualcosa ti induce in tentazione, il copywriter ti conduce in zona sicurezza. Lo fa nel rispetto del libero mercato e a immagine e somiglianza della tua azienda. Sorveglia i posizionamenti della marca, il patrimonio di identità costruita, l’immagine che rispecchia quella identità perché lui della marca ne sa abbastanza e della tua ne sa quanto basta per indicarti la strada dopo averla studiata.

È anche il tuo messaggero personale: ti porta messaggi del mercato difficili da intercettare, traduce quei linguaggi complessi in una lingua più comprensibile. Alla fine, la consapevolezza di quello che sei tiene in piedi il tuo pensiero. Che sia strategico o creativo, il copywriting li alimenta entrambi. Chi si occupa di creatività pensa che sia una questione di vita o di morte nella comunicazione, che sia vitale come i colori lo sono per l’arcobaleno. Chi si occupa invece di strategia pensa che sia l’arco a tenere in piedi i colori. Che sia il disegno strategico della curva a rendere riconoscibile l’arcobaleno. Creatività e strategia sono due pensieri che si contendono la paternità del risultato.

In realtà, è una partita che, anche se è iniziata, non può finire perché nessuno dei due è definitivo: entrambi i pensieri nascono senza qualcosa che l’altro aggiunge. In realtà l’arco è importante, purché non sia sempre il solito arco, ma cambi il suo tratto in base al contesto dove applicare quella strategia. E a ben guardare anche l’assembramento di colori è necessario, ma solo se si presenta agli occhi di tutti ordinato e in fila secondo la disciplina coordinata dell’immagine. Perché capita a volte di vedere marche troppo grigie nell’aspetto perché il pensiero strategico non ha saputo aspettare i tempi lunghi del pensiero creativo. E altre volte accade di conoscere marche così eccentriche nel proporsi da risultare fuori luogo ovunque tu le metta, perché senza una direzione e un posizionamento anche una marca non sa dove andare.

La marca che funziona è sì quella capace di entrare nella testa delle persone, ma prima chi la crea deve mettere la testa dentro la marca. Lo può fare con una combinazione di pensieri – quello creativo e quello strategico – che misurati nella dose – a volte prevale l’uno, altre volte prevale l’altro – contribuiscono a costruire una marca sempre distintiva nel mercato e del tutto posizionata nella propria identità. Il copywriting a questo serve.

La marca, oltre a trovare una forma negli spazi dove si mette in mostra, si ritaglia anche una propria forma nel tempo che vive. Oggi la marca trova un posizionamento non solo nei mezzi, ma anche nella contemporaneità: in un tempo molto vicino al passato e molto prossimo al futuro. La velocità della tecnologia ha trasformato i lunghi archi temporali in segmenti sempre più corti. Tra quei punti sempre più ravvicinati trova posizione la marca, tra quello che è appena accaduto e quello che potrà a breve accadere. Il copywriting scrive in questi spazi temporali dove la marca riflette il tempo che vive nel discorso che ogni giorno fa.

Pancione.

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