«Andiamo a trovare Hemingway». Indossarono i cappotti, presero la torcia e il fucile e attraversarono la foresta. Lo indusse il senso di gratitudine a scegliere l’interprete del Dodicesimo reggimento. Werner Kleeman lo salvò dalla morte certa quella notte che il loro ufficiale ordinò a Salinger di restare nella buca a dormire. Quando il buio arrivò con la sua temperatura Kleeman portò quello che il suo compagno aveva lasciato nella tenda: una coperta e i calzini di lana che ogni settimana sua madre gli spediva. Salinger stava tremando sotto una coperta di neve.
Hemingway invece lo trovarono dentro un capanno illuminato da un generatore. Era lì per conto della rivista Collier’s. Lo pagavano per raccontare la guerra agli americani al di là dell'oceano come corrispondente tra un romanzo e l’altro che scriveva. Mai avrebbe immaginato di ritrovarsi proprio lì, in quel posto senza parole a poche righe dall'Aldilà, a parlare di letteratura con un collega scrittore per oltre 2 ore e con le tazze di alluminio piene di Champagne che ogni tanto portavano alla bocca. Kleeman a bocca chiusa li ascoltava senza battere ciglio e denti. Era una notte di tregua di combattimenti nel territorio tra la Germania, il Belgio e il Lussemburgo. 130 chilometri quadrati di alberi alti 30 metri e così vicini l’uno all’altro che neanche la luce con la sua velocità riusciva a penetrare. Qua e là bunker coperti di foglie, filo spinato disposto ovunque, trappole esplosive a ogni svolta del cammino: nella foresta di Hürtgen la morte era lì, a poco più di un passo.
Quando il 7 dicembre del 1941 i giapponesi colpirono
Dopo un sacco senza fondo di rifiuti ai suoi racconti, la più ambita rivista letteraria americana aveva accettato il romanzo autobiografico che Salinger stava scrivendo. Quello che il
Whit Burnett fu il primo che interpellò. I giovani era il racconto che sottopose al suo insegnante della Columbia University. Burnett gli suggerì di spedirlo alla
E così, nel 1940 scrisse
Ci provò un’agente letteraria a trovargli un mercato di lettori. Pearl S. Buck, Agata Christie, Francis Scott Fitzgerald erano alcuni dei clienti della
Dove di certo Salinger finì fu in guerra. La compagnia A del Primo battaglione dei corpi di segnalazione era responsabile della comunicazione tra i reparti: dall’utilizzo dei radar al volo dei piccioni viaggiatori. Sapeva il tedesco e il francese molto bene: all’esercito americano quelle conoscenze servivano come il pane. Così, venne promosso ad agente del controspionaggio e riclassificato come caporale. Martedì 18 gennaio 1944 la
Quello che non avrebbe mai terminato era l’addestramento nella scrittura. Anche in guerra. Sotto le bombe trovò la carta per scrivere e la sua carta di identità per riconoscersi come autore di racconti brevi. Non più di 12 pagine. Già a 25 entrava in difficoltà. Dava a quella misura più lunga la colpa del sacco senza fondo di rifiuti che aveva ricevuto. A quel sacco avrebbe dato ancora molti pugni in allenamento prima di diventare lo scrittore di un romanzo. Anche lì, a un passo dalla morte, Salinger non cessava di scrivere.
Cessò invece la guerra. Per tutti, ma non per Salinger. Era l’8 maggio 1945. 5 mesi prima aveva ricevuto un rapporto riservato agli agenti del controspionaggio. Titolo:
Rifiutò di farselo sistemare quando un giorno al fronte se lo ruppe mentre si gettava a terra per ripararsi dalle schegge delle bombe. E il concerto di esplosioni che ogni giorno il nemico orchestrava al di là della linea del fuoco, alla fine gli danneggiò un timpano. A casa ci sarebbe tornato con un orecchio che non sentiva. Quello che invece iniziò a sentire fu un male invisibile, non meno terribile delle bombe, che lasciò per il resto della vita di Salinger cicatrici visibili sulle pagine che avrebbe scritto.
Negli spostamenti tra un campo e l’altro Salinger cadde nella buca della depressione. Al fronte aveva visto nei suoi compagni quali segni potevano lasciare i disturbi da stress post traumatico. Conosceva quindi i rischi che poteva correre la sua mente se avesse continuato nella sua missione a Dachau. Decise allora di ricoverarsi al policlinico di Norimberga per farsi curare.
Fu in una lettera scritta a Hemingway il 27 luglio che Salinger diede notizie del suo ricovero. «Come era stata la sua infanzia? Com’era la sua vita sessuale? Gli piaceva l’esercito?». Preso di mira dalle domande dei medici rispose con il noto sarcasmo che avremmo ritrovato nelle pagine del Giovane Holden. Alla fine, di 3080 soldati inviati nella foresta di Hürtgen ne tornarono a casa solo 563. Come nel finale del suo romanzo, il giovane Salinger avrebbe cercato nel suo lavoro di scrittore le risposte alle domande che la guerra gli aveva lasciato. «Non raccontate mai niente a nessuno. Se lo fate, poi tutti iniziano a mancarvi».
Andrea Ingrosso
Copywriter – Autore di scrittura per le aziende.
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