«A che le servono i soldi?». Con tre bambini piccoli a carico e una moglie che ogni giorno li accudiva, avrebbe potuto finire in mezzo alla strada: senza un tetto sopra la testa lui e la sua famiglia avrebbero toccato il fondo. Eppure, era l'unica possibilità, e con tutta probabilità l'ultima, che gli restava per inseguire la propria aspirazione. «Molto interessante» gli dissero «Le faremo sapere». Una settimana dopo Mike Page, consulente della filiale di Corn Street a Bristol, tornò a trovarlo con 400.000 sterline, ma per ottenere quel prestito il suo cliente avrebbe dovuto cedere alla Lloyd’s la proprietà della casa.
Un tornio, un torchio e banchi da lavoro al piano di sotto, sedie e scrivanie con tre computer sopra nel fienile: all'inizio del 1993, James Dyson stava ancora lavorando nella rimessa per le carrozze quando decise di provare a farsi prestare il denaro necessario per produrre il DC01, l’aspirapolvere ciclonico che in 5 anni sarebbe diventato il modello più venduto in Gran Bretagna. Cercò di raccogliere il capitale in cambio di quote o azioni della sua società, ma per agli investitori non era proprio quello che si diceva «un uomo d'affari»: era solo un inventore. Alla fine dell'esperienza con la Ballbarrow si ritrovava di nuovo al verde.
Nel 1974 aveva acquistato nel Gloucestershire, vicino a Badminton, una vecchia cascina da ristrutturare. Dyson passava i fine settimana ad alzare muri e a trasportare qua e là detriti e calcinacci. Il cemento traboccava da una carriola, le sue gambe affondavano nel terreno, guidarla nel cantiere messo sottosopra non era una manovra che poteva fare in tutta scioltezza: i bordi sbattevano sugli stipiti delle porte e lasciavano il segno sulle pareti. Nessuno aveva mai preso in considerazione questi problemi e nemmeno si era preso la briga di risolverli, ma ancora di più nessuno aveva mai provato a sostituire la ruota e la sua gomma con una sfera senza camera d'aria.
Quella di Dyson sembrava funzionare nel giardino di casa. I requisiti di partenza della carriola che aveva progettato corrispondevano alle soluzioni funzionali del prototipo: la palla non affondava nel terreno inzuppato d’acqua e il cassone a forma di pianale ribaltabile tratteneva il cemento senza difficoltà. Ballbarrow era pronto a diventare un prodotto per il mercato, ma intestare il brevetto all'azienda invece che a sé stesso, e accettare le condizioni di un prestito di 200.000 sterline a un tasso di interesse del 24%, furono decisioni che presto si trasformarono in ostacoli insuperabili.
Mentre più di metà del mercato britannico delle carriole da giardino veniva conquistato dal Ballbarrow, un dipendente della Kirk Dyson si licenziava per trasferirsi in un’azienda di Chicago dove di lì a poco i primi esemplari di un modello simile sarebbero usciti dagli impianti di produzione. La divergenza tra il consiglio di amministrazione che decise di avviare un costoso procedimento legale per plagio e Dyson che voleva concedere al concorrente americano la licenza commerciale del Ballbarrow, portò nel 1979 alla sua estromissione. Perse la licenza, il brevetto e la società in un colpo solo: senza un lavoro, senza un reddito, ma con una nuova idea che gli ispirava lo sguardo.
Quello delle aspirapolveri era da anni un settore privo del tutto di innovazione: viveva di rendita in un’ampia zona confort fatta di prodotti a prova di crisi economica. Ogni famiglia di qualsiasi status sociale – benestante o alle strette – avrebbe sempre avuto bisogno di pulire la propria casa. A casa di James Dyson l’appalto delle pulizie domestiche era affidato a un Hoover Junior ricondizionato, il modello creato dal designer industriale Henry Dreyfuss. Ogni volta che lo mettevano in funzione a sua volta l’elettrodomestico metteva alla prova la loro pazienza per la poca capacità di aspirazione, il tanto rumore diffuso nella stanza e per il sacchetto che si riempiva troppo in fretta. Una fretta che alimentava più di un sospetto.
Quando un giorno rimase senza sacchetti di riserva svuotò quello pieno e tentò senza successo di reinserirlo nel vano dell’aspirapolvere. Fu con l’acquisto di una nuova confezione di sacchetti che scoprì il motivo: un sacchetto non era solo il contenitore per la polvere, ma anche un filtro che permetteva all'aria di passare attraverso i pori. La spia che avvertiva Dyson del sacchetto pieno, non informava del suo riempimento, ma del suo intasamento per l’occlusione dei pori in superficie: era questa la causa del calo dell’aspirazione. Un inganno per il consumatore, ma una fonte di ispirazione per un ingegnere che voleva diventare un uomo d’affari.
Alla fine, sarebbe diventato molto di più: l’uomo più ricco del Regno Unito, con un patrimonio netto di 8,4 miliardi di dollari, secondo solo a Len Blavatnik, il fondatore di Dazn. Per raggiungere quel primato, Sir James Dyson non avrebbe trasmesso partite di calcio senza antenna, ma prodotto aspirapolveri cicloniche senza sacchetto. Quando in Kirk Dyson arrivò con il progetto arrotolato tra le mani, dispiegò di fronte al consiglio di amministrazione tutti i vantaggi della sua invenzione. Ma se quella di Dyson fosse stata un’idea geniale – dissero gli azionisti – «Qualcuno in Hoover o in Electrolux l’avrebbe già progettata e realizzata». La sostituzione dei sacchetti era il vero affare per i produttori di aspirapolveri e per questo i due giganti del settore sembravano poco interessati all’innovazione, preferendo adagiarsi come una particella di polvere in un comodo duopolio di spartizione del mercato, senza botte e ferite.
Chi ne uscì con più di una botta fu invece James Dyson. Costretto a dimettersi dall’azienda che aveva fondato, ora poteva dedicarsi per tutto il tempo alla sua aspirazione: lo sviluppo del prodotto. I cicloni funzionavano solo con particelle fino a 20 micron, mentre la polvere domestica arrivava fino a 0,5 micron: lo spessore del fumo di una sigaretta. Da quel giorno si rinchiuse nella rimessa di carrozze vicino a casa e per cinque anni realizzò 5.127 prototipi.
Quello che portava alle presentazioni era alto 300 mm, di cartone, tenuto insieme con un nastro adesivo telato. Raccoglieva la polvere, attirava le lanugini, risucchiava i peli del cane: pareva funzionare, ma nessuno ci voleva investire. Si rifiutarono le banche a finanziarlo, i produttori a produrlo, i rivenditori a venderlo, mentre lui, prototipo dopo prototipo, continuava a potenziare la capacità del ciclone di aspirare le particelle più microscopiche. Calcolava l'angolo esatto della sezione conica, il preciso diametro del ciclone, misurava il diametro più congeniale per l’entrata e l’uscita, testava la forma ideale del condotto d'ingresso. Lo fece per 5 lunghi anni sicuro che, ora che aveva il denaro da destinare alla ricerca e sviluppo, sarebbe diventato un designer migliore se avesse avuto il controllo dell'intero processo.
Un po’ di tempo dopo, quando Dyson chiese a Mike Page perché la Lloyd’s avesse accettato di concedergli il prestito, si sentì rispondere che la determinazione di andare fino in fondo era sicuro non sarebbe mancata a una persona che aveva dovuto affrontare tutti quegli ostacoli. «Poi però sono tornato a casa» disse il consulente «e raccontai a mia moglie che un mio cliente aveva intenzione di costruire un’aspirapolvere senza sacchetto. Bastò geniale, l’unica parola da lei pronunciata, a convincermi».
Andrea Ingrosso
Copywriter – Autore di scrittura per le aziende.
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