Padrone nostro che sei nelle reti, sia digitalizzato pure il tuo nome. Venga il tuo ingegno, sia fatta la tua artificialità. Come in realtà, così in socialcrazia dove non si prega a mani giunte, ma a pollici all’insù. È il sacramento del personal branding nelle piattaforme della comunione mediatica. L’espressione di fede del like si alza nella nuova messa in scena della Miss Credenza: inscenare sé stessi al confessionale della visibilità.
Chiuditi cielo! Se la confessione deve essere trasparente allora che sia pubblica sulla Terra. Testimoni di geovanità circolano nelle cattedrali di massima sicurezza secondo il vangelo custode del consumismo dei dati. Dateci oggi il nostro dato quotidiano come espressione della nostra libertà condizionata dal touch screen dello schermo: si illumina, custodisce, si regge, ma governa te. Non tutta la trasparenza è così trasparente. Dietro il sacro della connessione liturgica c’è il profano di una sacrestia algoritmica, un misto di stanza dei bottoni e sala operativa, la camera oscura dove aleggia il mistero della nuova fede.
Spaventapasseri informatici confondono gli utenti nell’ambiente digitale e rendono difficile la lettura della carta di identità dell’ambiente reale: la memetizzazione è la nuova mimetizzazione. La falsità fa carte false pur di spacciarsi per vera. La dose giornaliera di alert, notifiche e pop-up dai contenuti stupefacenti si fa strada lungo l’ago dell’ego. A spingerla lo stantuffo del personal branding dentro il tunnel graduato del marketing. Più che una realtà aumentata sembra invece una realtà alterata dal nostro alter-eco.
Un ambiente alternativo – e alternato – alla realtà spazio-tempo, la priorità di una seconda casa dove sempre più si abita secondo copione: visibilità estesa, viralità diffusa, larga risonanza, strascico di commenti a striscianti copia e incolla, la striscia positiva di impressioni, la stella acquisita per i pollici alzati dei seguitori. Il tempo ridotto alla sua particella elementare, il presente transeunte, lo spazio terrestre assorbito dalla nullità immateriale della piatta forma digitale. Qui, l’alter-eco dell’immagine urlata rimbalza contro l’intelligenza artificiale degli algoritmi e torna indietro per alimentare un’intelligenza sempre più autistica.
È il mondo sotto l’effetto di un’anestesia totale senza fine. Il desiderio trattato come il dolore: una volta diagnosticato viene subito rimosso con la sua soddisfazione immediata. Nessun appetito dello spirito va lasciato in sala d’attesa: la sala operatoria è sempre pronta per il pronto soccorso. Dall’antidolorifico all’antidesiderio, la politica d’opposizione della socialcrazia opera in ogni campo, dalla sofferenza al piacere. Nessun corpo deve sentirsi – nel bene o nel male – animato da qualcosa. La rianimazione dell’esistenza va soppressa al manifestarsi dei primi sintomi. La prognosi è riservata a tutti. La cura si chiama accessibilità a tutto.
È un assedio fatto di contenuti che una volta ti dovevi muovere per andarli a cercare e che oggi invece ti vengono a trovare mentre tu te ne stai fermo. La convalescenza forzata si protrae in un quadro clinico della società dominata dalla costrizione a qualcosa. La costrizione alla felicità ancora prevale su tutte le altre, nonostante incalzi sempre di più la costrizione all’intelligenza. Solo l’artificiale le accomuna. È un accanimento propedeutico all’intervento chirurgico più subdolo: la sorveglianza. Il risveglio dalla terapia intensiva digitale sembra non avere nessuna campana disposta a suonare per lui.
Così, non ci si sente più invitati speciali dal padrone della festa, ma sorvegliati speciali in regime di quarantena bis, tris, quater, quinquies. Gli aggiornamenti im-mediatici della socialcrazia traducono in tempo reale i parametri vitali del sistema: più si aggiorna e più è vivo in un quadro clinico disegnato per sottomettere e soprassedere. La viralità non è il male da scampare, ma il bene da alimentare con i dati. La video-sorveglianza è in ogni casa e in ogni ufficio, in ogni borsa e in ogni tasca. Non c’è una guardia giurata che entra in turno di sorveglianza, ma c’è un guardiano strisciante che si intrufola dappertutto.
È la legge della privacy invertita: l’accesso al pubblico in modo privato. Bisogna avere i dati in regola per stare nel nuovo capitalismo: il consumismo dei dati. Il creatore è l’intelligenza artificiale. Il diffusore è l’algoritmo. Il virologo è l’influencer. Non comanda, ma mormora. Non dà ordini, ma rivolge indicazioni. Non ti costringe, ma ti sospinge. Con tutte queste motivazioni psicologiche esercitate dagli esperti del neuro-qualcosa, anche il potere esercita di diritto la professione di motivatore psicologico nelle sedute giornaliere della socialcrazia. Scopri adesso, guarda ora, entra subito. Il nostro potere d’acquisto governato dal potere motivazionale.
Identity, awareness, reputation: mentre crediamo di riesumare un sé rimesso a nuovo sotto le mentite spoglie di un io confezionato in taglie su misura del persona brand, stiamo cedendo – così, soprappensiero, sommersi da una realtà aumentata – fette di potere personale a un potere invisibile, ma presente ovunque 24 ore al giorno. Dal consumismo materiale al consumismo motivazionale, da un’azione del consumo transitiva a un’azione del consumo riflessiva: dal consumare merce al consumare la propria identità diventata merce. Così pieni di io e orfani del sé, diventiamo merce di scambio in uno scambio di identità, di immagine e di intelligenza con un potere anonimo e artificiale.
Del resto, ogni uomo di comando è programmato per stare sotto i riflettori. Dominare un popolo ha bisogno di un allestimento che solo il service della burocrazia può organizzare. È così che ogni potere mette in scena un palinsesto rivolto alla diffusione delle luci della propria ribalta. Ma oggi un ribaltamento è in atto. Quei pochi che un tempo erano sempre agli onori della cronaca del potere si ritirano nell’invisibilità – solo apparente – per lasciare ai dominati l’onere di una visibilità permanente e sconfinante. Più sono visibili più sono sorvegliabili, e quindi manipolabili.
È anche per questo che, mentre prima il potere li manteneva oscurati nella matassa aggrovigliata del popolo, oggi li libera nella digitale rete delle social-connessioni. Ma è solo un modo che il potere – ora invisibile – ha di salvare una certa apparenza. A garantire ancora l’esercizio delle sue funzioni è proprio quella concessione alla libertà vigilata dell’esistenza artificiale. Nell’oscura partizione di liberi e sorvegliati si compie il dominio sotto lo schermo trasparente della socialcrazia.Andrea Ingrosso
Copywriter – Autore di scrittura per le aziende.
© 2023 Mamy